domenica 15 febbraio 2015

La vertigine della scelta

Ogni volta che entro in un grande supermercato sono colta da un lieve senso di panico, vago disorientata tra file e file di scaffali, sono nel tempio del cibo alla ricerca di qualcosa che risponda ai miei criteri di commestibilità e fatico a trovarlo. Forse per qualcuno suona assurdo.

Siamo nell’era dell’abbondanza (almeno da questa piccola parte di mondo in cui la parola carestia evoca scenari medievali e peste bubbonica) e la paura della fame, che ha accompagnato l’uomo fin da quando era solo un australopiteco, sembra vinta, o meglio temporaneamente azzittita, annidata nelle pieghe del subconscio, pronta a prendere nuove forme. Il cibo oggi ha perso la sua valenza fondamentale di nutrimento e mezzo di sopravvivenza, diventando piacere, coccola, soddisfazione, gratificazione. La concezione di consumo del cibo oggi è ampiamente svincolata da elementi come la provenienza, la stagionalità, le precipitazioni, gli assalti delle cavallette, varie ed eventuali. Siamo abituati a trovare di tutto al supermercato, ogni genere di frutta e verdura in qualsiasi stagione, ogni sorta di cibo processato e trasformato, prodotti di ogni colore e forma: siamo nel paese di Cuccagna e non ce ne siamo accorti. Con un’economia che si gioca su scala globale dipendiamo sempre meno dall’andamento dei raccolti, il nostro piatto non rimarrà vuoto per un’annata troppo piovosa, cibi importati da tutto il mondo terranno lontano lo spettro della fame.

Se il sogno dei nostri bisnonni di avere cibo in abbondanza tutto l’anno si è avverato, si è aperto però il baratro della scelta. Il detto “o mangi questa minestra o salti dalla finestra” non spaventa più nessuno, perché la possibilità, o meglio “il diritto” alla scelta, è ormai insito in ognuno di noi, consapevoli o inconsapevoli.
Ci troviamo di fronte a infinite opzioni e ogni giorno facendo la spesa e mangiando scegliamo anche chi essere e come indirizzare il mercato. Se da una parte mangiare oggi è diventata una questione più semplice, perché alla portata di tutti e di tutte le tasche, dall’altra ha assunto significati sempre più complessi e le trame che si intessono dietro a una banale banana sono sempre più difficili da sondare. Nell’era globale il carrello che riempiamo in Italia pesa sulle teste di gente che viene dal Perù, dall’India o dalla Costa d’Avorio. Mangiare è diventato un atto che può essere visto come culturale, etico, politico.


Siamo nell’era dell’autodeterminazione e della vertigine della scelta.

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