domenica 3 maggio 2015

Un posto per me

Oggi è stato un giorno decisamente blue, uno di quei giorni di cielo grigio, pesante, che disturba la mente e l'anima. Poi per svoltare la serata mi sono detta: "dai andiamo a provare il giapponese molto fighetto a tre passi da casa" (vivere nel centro di una cittadina minuscola e pianeggiante fa sì che ogni cosa sia vicina in un modo quasi ridicolo). Allora concediamoci questo diversivo, il sushi (che di salutare non ha granchè), l'insalata di alghe, la zuppetta di miso, tutto molto #foodporn e instagrammabile, io per fortuna però il cellulare l'avevo lasciato a casa. Una cena fuori non salva il pianeta, ma a volte può svoltarti la giornata se la cura e la creatività dei giovani dietro al bancone hanno il potere di stupirti e di farti uscire dal tunnel grigio di una giornata di luna storta.

Tornata a casa mi rendo conto della mole di lavoro che dovrei svolgere nel giro di 4 giorni, due esami, articoli da leggere, cose da scrivere, ma nel realizzare che questa settimana dovrò trottare, mi accorgo anche che sono soddisfatta, che frequentare un master in Food Culture & Communication all'Università di Scienze Gastronomiche è una delle scelte migliori che io abbia fatto nella mia vita.
Parlare di cibo (e mangiarne in dosi non raccomandabili), di agricoltura, di antropologia, condividere la vita con simpatiche donzelle da tutto il mondo è l'esperienza che ci voleva. In questi giorni penso spesso ai miei anni passati nelle facoltà di lettere e realizzo che per parlare di letteratura o di cinema bisogna avere una teoria, bisogna far prevalere il proprio gusto su quello degli altri, ricordo la frustrazione quando qualcuno, guardandoti dall'alto in basso, diceva "Ma come Mimesis di Auerbach non l'hai mai letto?", "Non ti è piaciuto la Coscienza di Zeno?". No effettivamente no.
Il cibo invece appiana tutto, davanti a un piatto di spaghetti al pomodoro siamo tutti uguali, non importa quanto abbiamo letto, a quanti pensatori illustri ci ispiriamo. Col cibo posso esprimere amore, posso parlare di società, di politica, in un modo più semplice e diretto, che non ha bisogno di teorie interpretative da spiegare con parole astruse. Ho trovato la mia via per la complessità semplice.



Continuo a non sapere cosa sarà di me, ma ora non lo so con più fiducia, con più determinazione e finalmente con passione.

2 commenti:

  1. Hai visto il film Il Pranzo di Babette (dal racconto di Karen Blixen)?
    Ecco, la conclusione di questo post mi richiama alla mente quel film, da cui emerge esattamente questa capacità del cibo di fungere da aggregante, da catalizzatore socializzante anche in quelle realtà, per tradizione e cultura, più impervie e poco votate alle "facezie" della vita. Un "appianatore" insomma, come le definisci tu.
    Se non hai visto il film, te lo consiglio caldamente. Potrebbe tornare utile anche ai tuoi studi, soprattutto agli aspetti più antropologici ;-)
    Ciao!

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